Morte lenta

The Prancing Papio introduce questa settimana un tema abbastanza particolare: il morso velenoso delle proscimmie. Veleno e tossicità in rettili e anfibi sono argomento fruttuoso, in termini di dibattito evoluzionistico e di interazioni biochimico-fisiologico nella loro produzione come nel loro effetto. Ma che tra i Primati ci fossero specie “velenose” è sicuramente un tema trascurato, e di certo poco discusso nell’intorno accademico e bibliografico. Con sottili (discutibili ma interessanti) differenze tra i termini “venomous” e “poisonous”, il caso studio dei lori (Nycticebus, sudest asiatico) è abbastanza peculiare, e se vogliamo borderline nella casistica delle specie “velenose”. Le loro ghiandole brachiali producono tossine e composti allergenici, che una volta passati nella bocca (e qui forse la situazione peggiora con il contributo microbiotico della saliva) per toeletta giornaliera possono essere inoculati dopo un morso dell’animale, che è tranquillo e pacioso ma se gli prendono i cinque minuti sfoggia per l’occasione denti acuminati e perforanti. Si racconta spesso dei problemi di estinzione di queste specie, anche in funzione della loro facile “raccolta”: cacciare un Nycticebus sembrerebbe facile come cogliere un frutto da un albero. Ma allo stesso tempo i curatori zoologici hanno norme abbastanza sincere e accorte sulla manipolazione degli individui. Di fatto, seguono molti casi di shock anafilattico per morso di lori e arriviamo anche a qualche decesso. E’ chiara la situazione borderline.  Si può considerare Nycticebus una specie “velenosa”? E soprattutto, siamo di fronte a un vero “adattamento”, selezionato per un vantaggio di fitness, o a una “spiacevole incompatibilità biochimica” magari risultato secondario di qualche contorto passaggio metabolico? E’ chiaro che nel primo caso (adattamento) il tutto assumerebbe un valore evoluzionistico incredibile, considerando che stiamo parlando di un primate. Resta il dubbio della (più probabile) spiacevole incompatibilità, mancando evidenze riguardo agli effetti del complesso ghiandole/morso in un contesto di predazione reale. Rimane inoltre lo stupore di trovare una caratteristica così particolare allo stesso tempo così poco discussa in ambito primatologico. E’ chiaro che mentre siamo affaccendati tra sistematiche e amministrazioni varie, la biologia di base dei primati può dare ancora molte sorprese.

Emiliano Bruner